“Stress da Covid-19: gli effetti psicologici della quarantena forzata”

La pandemia da Coronavirus sta imponendo alla totalità della popolazione una quarantena forzata, che inevitabilmente genererà un’importante modificazione degli stili di vita e delle abitudini.

La quarantena medica, ma più in generale l’isolamento dovuto ad essa, sono spesso associati a gravi problematiche psicologiche. Una recente rassegna di ricerche pubblicate su “The Lancet” ha dimostrato come la quarantena sia spesso associata a disturbo post traumatico da stress, rabbia, confusione e alcune di queste ricerche hanno inoltre evidenziato come molte problematiche possano perdurare anche al termine dell’isolamento.

I ricercatori del King’s college hanno inoltre cercato di comprendere, dalla letteratura disponibile sul tema, se ci fossero delle caratteristiche individuali o demografiche che potessero “facilitare” l’insorgere dei sintomi. In questo caso però le evidenze scientifiche sembrano ancora meno chiare, ma ciò che sembra emergere è un maggiore coinvolgimento di medici e più in generale di soggetti appartenenti agli staff ospedalieri. Altre fasce della popolazione più a rischio, come evidenziano i Centers for disease control and prevention statunitensi (Cdc), sono gli anziani, i cittadini con malattie croniche e le persone che già soffrono di disturbi mentali, anche lievi.

Quali fattori possono rendere più difficile il periodo di quarantena?

Diverse ricerche hanno mostrato come, durante il periodo di quarantena, alcuni stressor (stimoli di diversa natura che generano stress) possano effettivamente uscirne rafforzati; tra questi non possiamo non citare la paura di essere contagiati (o di contagiare qualche componente della famiglia), la noia, la frustrazione o l’esser privi di alcuni beni di prima necessità. Esistono poi degli “stressor” che sembrano aumentare il rischio che un individuo sviluppi problematiche psicologiche al termine della quarantena; in questo caso i ricercatori sembrano essersi concentrati maggiormente sugli effetti causati dalle perdite economiche e dallo stigma sociale vissuto dai soggetti in isolamento.

Cosa possiamo fare?

Come evidenziano gli stessi ricercatori, la review uscita su The Lancet ha diversi limiti, anche se ad oggi resta la pubblicazione scientifica più dettagliata su questo tema, soprattutto in relazione alla nuova pandemia da Covid-19. In particolare, gli studi da cui sono state tratte le evidenze viste sopra sono stati condotti nella maggior parte dei casi su un numero ristretto di soggetti, e in pochi casi c’è stato un confronto diretto tra soggetti isolati e soggetti non isolati.

In ogni caso, questa review fornisce una base scientifica a quello che già il buon senso sembra suggerire: i periodi di quarantena possono avere effetti psicologici seri e duraturi, soprattutto sulle fasce della popolazione più deboli.

Secondo i ricercatori è possibile però rendere i periodi di isolamento “più tollerabili per il maggior numero di persone possibile”, seguendo una serie di accorgimenti.

Una delle misure necessarie da adottare da parte di un governo è quella di spiegare con chiarezza che cosa sta accadendo, tentando di garantire una comunicazione istituzionale chiara e trasparente e cercando di rinforzare il senso di altruismo nella cittadinanza.

Risulta inoltre fondamentale, soprattutto nel caso in cui alcune persone si trovino a dover “condividere” la quarantena con tutti i membri della famiglia, tentare dove possibile di strutturare la giornata e organizzare il tempo a disposizione per ogni componente della famiglia in modo da poter garantire a tutti uno “spazio” riservato dove poter coltivare un interesse o una passione.

Inoltre, un altro elemento molto importante, che ha un impatto significativo sulla dimensione psicologica dei cittadini, è quello di garantire con facilità l’accesso a beni primari, come quelli alimentari, e a consulenze di supporto psicologico.